INTRODUZIONE
Il Santuario della Madonna dei Miracoli o Madonna Bella di Cantù è il simbolo principale della fede Canturina e della protezione divina. Nel 1543, secondo la tradizione popolare, fuori della porta di Campo Rotondo vi era un pilastro su cui era dipinta l’immagine di S. Maria Bella, oggetto di devozione da parte dei viandanti e degli abitanti delle cascine del luogo. In tale periodo la gente non aveva di che sostentarsi a causa di una tremenda carestia e verso maggio, la popolazione era stremata e disperata. Angiolina della Cassina Novello, impietosita per i genitori e la famiglia indigente ed affamata, andò a pregare presso l’immagine di Maria Bella. Al termine della preghiera, alla fanciulla apparve una donna bellissima coperta da una bianca veste che le disse: "Ritorna alla tua famiglia e dì ai tuoi che vengan fuori a mietere la segale che è tutta matura". Angiolina corse a casa e narrò piangendo l’accaduto. La segale, improvvisamente maturata in un tempo in cui "grano maturo non doveva essere", fece vivere comodamente tutta la gente del posto e così terminò la miseria. Tale strepitoso miracolo si divulgò nel territorio circostante ed iniziò il culto di S. Maria Bella. Un manoscritto di quei tempi ricorda ben cento e più miracoli operati per intercessione dell’immagine di S. Maria Bella, chiamata per questo Madonna dei Miracoli.Nel 1570 S. Carlo Borromeo, in visita pastorale, espresse il desiderio di fare dipingere la grande Cappella.Nel 1920 il Cardinale Ferrari sostò in preghiera davanti alla Sacra Immagine della Madonna.
STRUTTURA DELLA PIANTA
La chiesa ha un impianto basilare a tre navate sormontate da volte a cupola in corrispondenza del transetto
LA FACCIATA
La facciata venne ricostruita nel 1843 in seguito al crollo avvenuto per il cedimento di un pilastro nel 1837.
La parte inferiore è divisa in tre scomparti da lesene affiancate, sormontate da un cornicione, mentre la parete in corrispondenza della navata centrale è interamente occupata dalla nicchia, o vano sagomato raggiato ,contenente la statua dell’immacolata
PITTURA
L'apparato decorativo seicentesco è stato approntato in seguito alla visita pastorale del 1570 di San Carlo Borromeo che aveva notato la mancanza di pitture e l'aspetto disadorno dell'edificio.
Tra il 1637 e il 1638 interviene allora il pittore milanese Giovanni Mauro della Rovere, detto il Fiammenghino, il quale in un tempo breve realizza una serie estesa di affreschi notevoli per la ricchezza descrittiva, per i personaggi e l'attenzione ai dettagli. Si è avvolti da un colorismo accentuato che predilige i contrasti complementari, le ombre misurate e gli spazi dilatatie nelle figure si può notare la ricerca del dinamismo. Tutto è raccontato, filtrato dalla cultura seicentesca.
Tra il 1637 e il 1638 interviene allora il pittore milanese Giovanni Mauro della Rovere, detto il Fiammenghino, il quale in un tempo breve realizza una serie estesa di affreschi notevoli per la ricchezza descrittiva, per i personaggi e l'attenzione ai dettagli. Si è avvolti da un colorismo accentuato che predilige i contrasti complementari, le ombre misurate e gli spazi dilatatie nelle figure si può notare la ricerca del dinamismo. Tutto è raccontato, filtrato dalla cultura seicentesca.
La cupola si imposta sopra una pianta rettangolare di circa 7,5 x 7,83 m.
E il Fiammenghino la dedica interamente al tema dell’assunta. La composizione emana una notevole spinta ascensionale ,la superficie è occupata per la maggior parte da un porticato ad anello visto dal basso e ciò dimostra l’abilità del pittore nella rappresentazione prospettica. Al centro troviamo uno spazio di cielo azzurro nel quale si staglia la figura librante della vergine circondata da una corona di nubi e angeli musicanti.
La madonna è dipinta sopra una lastra di metallo riconducibile forse a una lanterna predisposta prima di aver scelto il tema dell’Assunta.
Il porticato è suddiviso in otto scomparti, quattro di questi sono rientranti rispetto agli altri quattro; questi ultimi sono costituiti da quattro colonne ioniche, le quali creano una sorta di padiglione che contiene le figure in trono dei profeti Ezechiele, Davide, Geremia e Salomone.
Due degli scomparti rappresentati rientranti sono curvi con una trabeazione sostenuta da una colonna centrale.
Dalle due balaustre sporgono seduti tre putti alati che tengono tra le mani rami di palma,rosa e giglio. Nella parte sottostante la volta entrano in gioco gli stucchi, sobri e di elegante sapore lombardo tardo-cinquecentesco. Nei pennacchi troviamo targhe con figure allegoriche.
Per ogni angolo del presbiterio troviamo otto putti disposti a due a due ,muniti di strumenti a fiato e a corda. Nelle altre due pareti invece troviamo la rappresentazione dei due profeti Isaia e Mosè
PARETE VERSO IL CORO
L’arcata ha un largo fregio dipinto ad angeli che reggono simboli della passione, sopra le due lesene gli angeli presentano i simboli delle Litanie Lauretane e risaltano poiché sono rappresentati sopra un finto mosaico a tessere d’oro.
L’arco nel mezzo è decorato da una targa, a mo’ di serraglia, su cui si libra lo Spirito Santo.Fra il cornicione e l’arco, i due sguanci celebrano l’Annunciazione di Maria Santissima.
Il sottarco e le sue lesene hanno un decoro di stucchi elegantissimi. Lungo le lesene scendono a coppia rami di rose e si gigli legati da nastri cadenti.
PARETE VERSO LA CHIESA
I due profeti che occupano gli sguanci ossia una conformazione ad angolo acuto o ottuso, di una struttura muraria o della svasatura di un muro, in corrispondenza di una porta o di una finestra svasate, sono, guardando da sinistra a destra Daniele e Abacuc.
PARETE DI SINISTRA
Qui troviamo le figure dei profeti Michea e Giona .Sotto la ghiera dell’arco si apre una finta finestra ,che ha il vano decorato a trompe l’oeil con un serramento a vetri piombati, da qui escono due angioletti che stanno per aprirne la parte superiore nell’atto di voler volare all’interno.
La finestra è affiancata da due figure di sibille sedute;il loro portamento e le vesti lasciano pensare che una sia Tiburtina e l’altra l’Eritrea.
Appena sotto il cornicione corrente si dispiega l’affresco, che illustra la visita dei Magi.
Al centro, per mezzo di un fornice, che fa parte di un rudere classico, si scorge la stalla in penombra, qui si possono notare il bue e l’asino. A destra possiamo notare una colonna su un piedistallo e sopra di essa troviamo una tettoia di paglia che copre il tutto.
La copertura di paglia si interrompe per dar spazio ad uno scorcio di cielo dove brilla ,fissa nel cielo la stella a otto punte.
Sopra a due gradini sono seduti Giuseppe e Maria che tiene in grembo il Bambino intento a immergere le sue piccole mani nel calice della mirra offertagli da un re magio; la mirra, nel mondo ebraico serviva ad imbalsamare i defunti quindi qui acquista valenza simbolica poiché il Bambino è come se accettasse la sua futura passione. Si fanno poi vicini gli altri due Magi, uno con il cofano dell’oro e il Re nero con l’incenso.
La scena principale è contornata da una folla variopinta di uomini e di animale che accompagnano i Magi; non mancano il nano giullare, cavalieri orientali, i paggi bianchi e mori e poi cavalli, muli, cammelli , cani e un falco in pugno a un valletto e due scimmie.
LA PARETE DESTRA
A fianco dell’arcata troviamo i profeti Osea e Gioele. Il vano della finestra, non è decorato .Le due sibille laterali si possono interpretare come la Delfica e la Persica. Il gran affresco corrispondente svolge il tema delle nozze di Cana.
E’ il momento in cui Gesù, seduto all’estrema sinistra della tavola, ordina ad un servo di riempire d’acqua le giare, vuote di vino. La sala è un nobile atrio adornato con colonne toscane, alternate da nicchie e statue.
Al centro della sala si innesta a T un altro ambiente, anch’esso ricco di colonne sui fianchi e chiuso da una parete sulla quale si apre un lunettone di vetri a rullo.
La tavola occupa quasi tutta la scena. A destra si può natare una sontuosa argenteria che si ponevano sotto il baldacchino mentre a sinistra tre servi portano piatti di formaggi (parmigiano), frutta (mele), e dolci (crostata o pasta frolla).
La scena rappresenta la fine del convito; qualche commensale sta bevendo l’ultimo calice e discorre, ignaro di quanto sta per accadere.
Lo sposo al centro ignaro non guarda la sposa ma rivolge il suo sguardo verso Gesù. La sposa con il calice nella destra scruta l’inquietudine negli occhi dell’amato.
Divertenti i particolari della vasca di rame e della secchia, colmi di bicchieri, disposti per essere raffreddati nella neve ; e poi i vestiti non convenzionali degli sposi soprattutto il berretto di panno con piume dello sposo impreziosito da un gioiello, come nei ritratti di epoca sforzesca.
IL CORO
Il coro attuale, nel 1603 era adibito ancora a luogo, dove si venerava l’immagine Taumaturga , ed era decorato ad affresco.
Data l’ampiezza dell’ambiente, fu eretto uno nuovo coro ,che doveva essere di legno, come quasi in tutte le chiese lombarde minori . In questo si trova l’antico affresco della Vergine.
Successivamente, fu la cappella minore a diventare coro, e le sue decorazioni, evidentemente non ritenute consone a quelle del presbiterio, vengono rinnovate.
LA VOLTA
La volta del coro è ricca di stucchi, disposti a crociera, è presente un’abbondanza di particolari, vi si innestano perfino quattro figure a mo’ di cariatidi, ben modellate alla pari dei quattro putti, che iniziano la decorazione negli angoli, alla radice della volta .
La parte pittorica si risolve in centro, in un’area a otto lati, dove si affaccia il Padre Eterno e si suddivide a sua volta in quattro aree due simili e a curve mistilinee ravvivate da putti musicanti.
LA PARETE DI FONDO
La parete di fondo è suddivisa in modo simile a quella del presbiterio. Sotto l’arco creato dalla volta si trova una finestra, affiancata da due sibille sedute. La composizione è poi chiusa da una cornice in stucco con decorazioni comuni alle tre pareti del coro.
Sotto questa sono disposte due finestre e fra le due è affrescata la Fuga in Egitto, la scena è ben conservata ed emana quella calma, nella quale il Luini immergeva sovente le sue figure.
Sotto le due finestre, vi sono due piccoli affreschi, uno con il Sogno di Giuseppe e l’altro con la Chiamata dei pastori. Questa composizione è notevole per l’uso di tonalità luminose nell’atmosfera acerba del primo mattino.
PARETE DESTRA
La parete destra nel mezzo del sottarco presenta una finta finestrella, dallo stipite in stucco ricco e dilatato in basso mediante due modiglioni o sostegni che l’affiancano. Lo spazio racchiuso è dedicato alla Presentazione al Tempio. Dietro ai modiglioni compaiono due angioletti deliziosamente dipinti e uno si sporge a guardare in basso nel coro. Al di sotto del cornicione troviamo la scena dei Pastori adoranti alla grotta affresco degradato dal suo stato originale.
PARETE DI SINISTRA
Nella parete di sinistra troviamo una finta finestrella che incornicia le Vergine, che abbraccia Elisabetta. I due putti oltre i modiglioni guardano giù nel coro. La grande composizione è dedicata alla strage degli innocenti; si sviluppa in un groviglio di figure, sovrastato da un cavaliere in arancione sopra un nobile cavallo sauro. Si sprigiona un senso di tragedia e pietà : mamme in difesa dei loro nati o disperate sulle vittime innocenti e truci carnefici seminudi, che infieriscono sulle deboli creature. Affiorano dalla mischia sue guerrieri in corazza e punteggiano la scena con una nota di realtà.
L’ALTARE DI SANT’ANTONIO
L’ altare minore, un tempo dedicato a S. Giuseppe, insisteva sopra il sepolcro della famiglia Argenti. Esso è colmo di stucchi, propri della seconda metà del seicento, che nelle pareti laterali contornano specchiature prive di affreschi.
L’altare possiede due colonnine tortili in finto nero di Varenna, il coronamento a timpano spezzato, presenta le tre virtù teologali. La pala non ha un gran valore artistico, ma ha grande importanza per la storia dei canturini; rappresenta il Padre Eterno e la Sacra Famiglia in gloria; in basso S. Antonio e S. Bernardo e dietro di loro si profila un paesaggio con una veduta di città irta di torri e campanili, forse un interpretazione libera di Cantù. Nella parte inferiore del dipinto si vede lo stemma dei Negroni da Ello e una scritta che ci informa come la tela fu offerta da Nicolao de Negronibus de Ello nel 1695. La balaustra è della fine del 700 ed è in marmo svizzero detto macchia vecchia.
L’ALTARE DI S. TERESA
La cappella è decorata da stucchi, che furono eseguiti in due tempi. Suelle pareti laterali la decorazione ha carattere seicentesco. Sono presenti quattro medaglioni in cui sono rappresentati S. Luigi, S. Giovanni, S, Francesco e S. Antonio. Troviamo dei medaglioni da cui volano quattro angeli di stucco.
La parete di fondo è decorata da un manto regale, che protegge e presenta la pala, in una cornice di Nero di Varenna. Il quadro rappresenta l’apparizione di Cristo a S.Teresa.
Una scritta Peint par Grandon 1714, ci indica l’autore del dipinto.
IL QUADRO <<DELL’INCORONAZIONE DELLA VERGINE>>
La tela, oggi sulla parete di sinistra è attribuita a Camillo Procaccini, figlio di Ercole il Vecchio, nato a bologna fra il 1550 e il 1560.
La composizione è dedicata alla Vergine in ginocchio su nubi corpose illuminate dall’ alto. Il Padre Eterno e Cristo la incorona e sopra di lei lo Spirito Santo, librato, squarcia le nubi e illumina la scena. Un particolare interessante della pittura è quello che si rivela in basso. Sopra due grandi piatti, posati a loro volta su elementi architettonici, stanno le teste mozze di Pietro e di Paolo. Vicino all’una si vedono le somme chiavi (una d’argento l’altra d’oro) e all’altra la spada simbolica. Nel mezzo fra le due e in un’atmosfera di crepuscolo di vede un paesaggio collinoso, sparso di edifici che non sono riconducibili a Cantù. Notevole è l’atmosfera creata dall’uso dell’ oro che immerge le figure.
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